Lo scorso 27 Giugno al L.O.A. Acrobax si è tenuto il primo incontro di autoformazione per la costruzione del Festival Impunita. Insieme alle relatrici e ai presenti intervenuti abbiamo delineato iniziali – eppure già significative – tracce di ragionamento a partire dal tema scelto per la prossima edizione: Infanzia e diritto alla città.
L’obiettivo di far dialogare approcci disciplinari diversi sullo stesso tema è senza dubbio riuscito, la sensazione per tutte e tutti è stata quella di partecipare a una discussione realmente viva, con rimandi continui tra gli interventi, che ha aperto interrogativi inediti e lanciato idee e proposte concrete per dar seguito e arricchire il progetto Impunita. Un Festival cui sembrano ormai andar strette tanto la temporalità della tre giorni annuale quanto lo spazio-base di partenza dell’ex Cinodromo, e che spinge per espandersi per tutta città e per tutto l’anno con incontri, laboratori e incursioni notturne con Slurptruppen.
Com’è fatta la città di bambini e bambine? Bastano, per garantircela, le fondamentali battaglie a difesa del diritto allo spazio pubblico e del welfare per l’infanzia – sempre più erosi, negati, sottratti? Le trasformazioni del modello produttivo, del vivere sociale e dello stesso spazio urbano ci impongono uno sforzo di immaginazione.
Da cosa cominciare?
Attraversando e osservando la città insieme a bambini e bambine, vagando con loro senza meta né traiettoria, come moderni flâneurs, per i quartieri e le strade che quotidianamente percorriamo assuefatti, lasciando poi a loro la responsabilità di raccontarla – con parole, metafore, immagini che sfidano il lessico logoro degli/lle adulti/e – potremmo forse accorgerci di una città diversa. E con il loro racconto può cominciare una piccola trasformazione.
“Osservare, accorgersi, condividere, immaginare, trasformare” sono indicazioni che valgono tanto per la “città reale” quanto per quella “virtuale”. Le smart city sono recinti, percorsi prestabiliti, playground digitali totalizzanti creati per far giocare adulti/e e bambini/e immersi in processi di gamificazione h24. La città digitale è un grande gioco che addestra a interagire sempre di più con app e social network, in modo da produrre dati che servono a profilarci. Percorrere la città digitale interrogandosi sulle dinamiche del gioco, su come e perché proviamo piacere giocando, è il primo passo per acquisire consapevolezza e autodeterminarsi, per smettere di essere giocati e iniziare a giocare nella città digitale che vogliamo.
Proprio il gioco è stato terreno di incontro tra i diversi approcci al tema “infanzia e città”. Di gioco si è parlato molto, soprattutto di diritto al gioco libero, creativo, fuori dalla logica dei playground – gli spazi dedicati nei giardinetti pubblici – in cui il gioco è predeterminato, tende ad essere individuale, e in cui la creatività viene impedita o considerata vandalismo se si esprime come forma di resistenza. Il diritto al gioco libero è bersagliato dalle ordinanze sul decoro – nei condomini, nelle strade, nei cortili delle scuole – recintato, addomesticato, proibito dalle nostre paure di adulti/e, organizzato in spazi e tempi prestabiliti che lo trasformano in performance competitiva.
C. T. Sørensen, l’architetto che inventò gli Adventure Park si accorse, mentre costruiva un playground, che bambini e bambine ignoravano le altalene appena montate, attratti invece dai residui di cantiere, che avevano trasformato nel loro mondo fantastico.
Restituire senso politico al gioco vuol dire riconoscerlo come momento creativo, di autonomia, di rischio e sperimentazione (emotiva, affettiva, relazionale), di produzione di futuro. Restituire senso politico al gioco vuol dire sovvertire la città, rivelarne il potenziale ludico, garantire spazi liberati in cui bambini e bambine abbiano a disposizione materiali per distruggere e creare a loro piacimento e il tempo del non far nulla; spazi che nello stesso tempo permettano una socializzazione tra genitori, la condivisione di esperienze, l’attivazione di reti mutualistiche e di sostegno a partire da problemi concreti, per uscire insieme dalle difficoltà e dall’isolamento che spesso l’esperienza della genitorialità comporta, ancora più aspramente per madri single, per madri migranti e per madri vittime di violenza; riprendersi le scuole pubbliche come spazi cruciali di socializzazione, punti di riferimento delle comunità educanti nei territori, aperte, attraversate trasversalmente da tutti e tutte. Restituire senso politico al gioco vuol dire interrogare i processi che avvengono tra i/le bambini/e quando
giocano liberamente, quando sperimentano con sé stessi e con il mondo attorno, senza imposizioni di significati precostituiti, distruggendo la realtà degli/lle adulti/e per crearne una nuova. Cosa succede a bordo del campo da rugby al di fuori dei tempi di partite e allenamenti, nei cortili condominiali e delle scuole lontano dallo sguardo dei grandi o tra gli scarti di un cantiere?
Da queste suggestioni cominciamo, ricchi/e di nuove relazioni e pronti/e a riprenderci Roma entro il metro e mezzo di altezza.
Intervento di Rossella Marchini
Architetta, autrice di vari saggi sui temi della trasformazione della città e sul diritto all’abitare
Intervento di Viviana Petrucci
Associazione CantieriComuni_Rete SLURP
Intervento di Virginia Giocoli
Casa delle donne Lucha y Siesta e Festval dei giochi all’aperto Aria!
Intervento di Agnese Trocchi
Di C.I.R.C.E. (Centro Internazionale di Ricerca per la Convivialità Elettrica) organizza laboratori di autodifesa digitale e pedagogia hacker, informatica conviviale per ragazze, ragazzi, bambini, gruppi di affinità, smanettoni e per tutti e tutte coloro che sono curiose
Intervento di Flavia Orrù
Educatrice e operatrice sociale. Esperta di interventi in favore dell’inclusione sociale. Allenatrice Allreds.
Intervento di Annarita Marino
Attivista della rete DecideRoma, ex coordinatrice infanzia scuola Pisacane (2001-2011)